Salve a tutti Followhz ! “Da un grande potere derivano grandi responsabilità” è proprio il caso di citare Spiderman per parlare della serie The last of us. Il potere è quello di ritrovarsi ad avere la possibilità di trarre una serie da uno dei videogiochi più amati e premiati.

Roba facile si potrebbe dire. Insomma cosa ci vorrà per trarre un buon prodotto da un videogioco tra i migliori per pubblico e critica? E ha già un’idea originale (non l’idea dell’apocalisse, ma dell’apocalisse simil ma non zombie) e una storia ben delineata e coinvolgente.

Ecco, è proprio qui il rischio, perchè trasporre un’opera da un mezzo artistico a un altro non è facile. Lo abbiamo visto con alcune trasposizioni in film di opere letterarie (gli ultimi film della saga di Harry Potter per esempio). Gli esempi non mancano neanche in opere tratte da videogiochi.

Anzi qui ci sono moltissimi flop. Anche quando il videogioco, da buon stealth, ha avuto successo proprio per la storia coinvolgente e originale, e una buona dose di avventura. Anche quando il cast vanta attori del calibro di: Michael Fassbander, Marion Cotillard e Jeremy Irons. Quell’ Assassin’s Creed che, di memorabile ebbe solo il fatto di farmi piangere quasi quanto per “Titanic”.

The last of us, buona la prima…

Ma ecco quando ormai più che, grandi speranze avevamo aspettative. Sì ma di “anche stavolta mai una gioia!” all’orizzonte si profila un’ultima speranza. La serie di The last of us, come accennato dal trailer, sembra avere tutte le carte in regola per sfatare questo mito. Sì ok non è un film (e forse è meglio così) ma non andiamo troppo per il sottile. Il primo episodio della serie di HBO ha infatti dimostrato la capacità di narrare gli eventi del videogioco di Naughty Dog senza stravolgerlo. Le differenze ci sono, ma l’atmosfera è la stessa.

La serie parte da subito con una differenza, e non da poco. Un prologo, così come è presente anche nel gioco. Qui però è un’intervista, risalente agli anni 60-70, in cui uno scienziato (John Hannah) parla della pericolosità dei funghi. Una possibile origine di un contagio che, porterebbe a un’epidemia senza soluzione. Un solo epilogo possibile: l’apocalisse.

Dopo la sigla, capolavoro visivo e metaforico che, aumenta l’angoscia del prologo, vengono introdotti i personaggi. Anche qui però abbiamo un discostamento, nel gioco tutto inizia quando Sarah (Nico Parker) da al padre il suo regalo di compleanno. Nella serie invece il giorno è lo stesso ma, è mattina.

Abbiamo quindi un breve approfondimento della loro vita prima del disastro. Joel (Pedro Pascal) è un padre amorevole ma, a causa del lavoro assente. I due hanno comunque un bel rapporto fatto di complicità e sarcasmo. Inoltre, vivendo la giornata di Sarah assistiamo con lei al graduale ma, repentino evolversi degli eventi. Un crescendo di suspense, soprattutto quando il negozio dove ha fatto riparare l’orologio chiude in fretta, e tutt’intorno un’andirivieni di mezzi preannunciano il disastro.

Noi giocatori ovviamente sappiamo tutto ma, l’ansia e la preoccupazione ci vengono trasmesse da Sarah. Come quando è nelle cucina dei vicini con Connie, e l’anziana inferma dietro inizia a mostrare gli spasmi sintomi del contagio. Lo sappiamo che, non succederà niente eppure un senso di terrore c’è.

The Last of Us

Un’inquietudine brevemente interrotta dai momenti di tranquilla vita familiare, quando Sarah da l’orologio al padre e si addormenta poi mentre guardano un film. Da lì bye bye tranquillità e si torna al crescendo di suspense. Sarah svegliata dalle luci e rumori di elicotteri trovatasi a casa da sola (Joel è andato a prendere Tommy in carcere), esce di casa e trova una scena raccapricciante in casa dei vicini. Salvata in extremis dal padre, fugge poi con lui e lo zio Tommy (Gabriel Luna) con il pick up.

La fuga mostra l’inizio della fine intorno: vicini in preda al panico, un aereo in fiamme, persone lasciate a piedi in bali degli eventi (e dei contagiati). L’altruismo si perde in un preludio di spietatezza e lotta per la salvezza che, sarà la vita dopo l’apocalisse. Noi lo sappiamo già eppure anche qui angoscia e amarezza non mancano. Così come quando muore Sarah pur sapendolo, rimane un duro colpo (e personalmente mi ha commosso anche dopo averla vista per la quinta volta).

Come nel videogioco, dopo un salto in avanti di 20 anni ci troviamo nella Boston del 2023 (e non del 2033 perché nella serie il contagio avvienenel 2003). Qui nella zona di quarantena controllata dalla FEDRA un Joel invecchiato ma, soprattutto indurito, si barcamena tra i lavori più degradanti. Delle aggiunte rispetto alla controparte videoludica, ci danno un’idea della vita nei centri di quarantena, dal mercato nero all’impiccagione. Una metafora, quest’ultima scena, del ritorno al passato, un passato in cui la giustizia aveva poco di giusto, molto di vendicativo e tanto di spettacolo, diversivo e contentino per la popolazione oppressa. 

L’elemento principale di diversità è però un altro e riguarda Joel, Tess (Anna Torv) e la loro caratterizzazione: quando incontrano Robert nella serie la loro brutalità viene meno. Nel gioco infatti lo torturano e la donna gli spara in testa, qui invece lo trovano già morto, con altri cadaveri, per opera di Marlene (Merle Dandridge).  Tuttavia, il loro non essere del tutto buoni è ben accennato, e comprensibile dato che, il mondo non è più quello di una volta e l’esistenza è una lotta per la sopravvivenza. 

La narrazione prosegue pressoche simile al videogioco con Joel e Tess che accettano di portare Ellie (Bella Ramsey) al comando delle Luci al posto di Marlene, in cambio di un mezzo blindato per partire alla ricerca dello scomparso Tommy. Una differenza si presenta sul finale quando durante la fuga dal centro di quarantena, i tre vengono fermati da un agente di guardia. Nel gioco sono due, mentre nella serie abbiamo solo quello che, collaborava con Joel nelle sue attività di contrabbandiere.

Ma soprattutto, mentre nel gioco li uccide con dei colpi di pistola in testa, qui lo fa a mani nude. La brutalità del personaggio è stata esplicitata in ritardo ma c’è, e come prima è giustificata non solo dal mondo ormai in rovina ma, anche dal ricordo di quanto accaduto a Sarah.Rimane invece uguale la scoperta del perchè Ellie sia così importante.

The Last of Us

…e pure la seconda. 

Il secondo episodio della serie “The last of us” non delude. Abbiamo anche qui delle differenze abbastanza importanti ma si tratta di espedienti narrativi e nulla tolgono alla natura originale della storia narrata nel videogioco. Come nel primo episodio abbiamo un prologo, caratterizzato da uno stile che ricorda un pò “Chernobyl”. Non a caso dietro a questo episodio c’è insieme a Neil Druckmann, Craig Mazin creatore proprio della serie sul disastro nucleare.

La storia torna indietro, poco più di un giorno prima dell’inizio di tutto. Siamo in Indonesia dove una micologa viene portata da dei militari in un laboratorio. Qui le viene prima fatto esaminare il campione di un fungo patogeno e poi il cadavere di una donna uccisa dalla polizia perché in preda a una follia omicida aveva aggredito diversi colleghi.

La studiosa è terrorizzata quando scopre che nel cadavere vi si è annidato il fungo, a quel punto spiega ai militari che, non sapendo dove si trovino i colleghi infetti l’unica soluzione sia bombardare.

Abbiamo qui un altro discostamento dal videogioco, nel quale le informazioni sull’origine di quest’epidemia sono fornite da dei giornali in cui si parla del Sud America come focolaio iniziale. Nella serie invece oltre alla scena con la micologa cambia anche il luogo, questo perchè il Cordyceps (si per chi ancora non lo sapeva esiste ma, è innocuo perchè non resiste alla temperatura del nostro corpo) proviene dall’Asia.

Anche questa puntata parte quindi con una differenza e con una pausa dall’azione ma, che non rallenta la narrazione e mantiene alta l’ansia e il coinvolgimento. Dopo questo momento altamente drammatico rappresentato dalla dottoressa che, rassegnata pensa solo a tornare dalla famiglia per gli ultimi momenti insieme si torna al presente. 

The Last of Us

Joel, Tess ed Ellie sono in fuga, proprio come nel videogioco nel quale ci si deve scontrare sia con i soldati della FEDRA che con gli infetti. Nella serie invece i soldati non ci sono, l’ansia, che in questa parte raggiunge un livello tra i più alti del videogioco è comunque presente. Così come la difficoltà, quel trovarsi imprevisti lungo il percorso in cui tiri fuori o prestanza fisica o astuzia.

Abbiamo un’altra importante modifica: quando Tess svela di essere stata contagiata, avendo capito che sono ormai braccati, decide di sacrificarsi, dopo aver convinto Joel a scappare portando via Ellie. Nel gioco gli dice di portare la ragazzina da Tommy, dato che fa parte delle Luci, nella serie invece da Bill e Frank.

Nonostante l’epilogo non cambi (la morte di Tess), vi è anche qui una differenza. Non solo per chi è coinvolto ma, anche per il modo in cui avviene. Nel gioco Tess muore in uno scontro a fuoco con i soldati, mentre nella serie si fa esplodere insieme ai clicker. Già questo, nonostante una morte per colpi di pistola non sia una scena comica, da alla morte nella serie un effetto ancora più drammatico.

C’è però un dettaglio (non tanto dettaglio): una scena iconica quanto macabra. Mentre Tess tenta di far funzionare un accendino per dare fuoco e far partire l’esplosione, il continuo clic attira l’attenzione di un infetto non ancora del tutto clicker ma quasi. L’essere le si avvicina e le pianta un bacio in bocca passandole una serie di filamenti del parassita. Che sia questo il modo in cui viene trasmesso il contagio, oltre e forse al posto del morso?

Non c’è due senza tre 

Sì il terzo episodio non delude e tiene alto l’onore dei primi due della serie, e del videogioco. The last of us continua a mantenere alto il livello e a non snaturare l’opera di Naughty Dog. Ancora una volta si inizia gettando nuova luce sull’origine di tutto. Questa volta lo fa tramite una chiacchierata tra Joel ed Ellie durante la quale viene detto che, proprio i cereali sono stati la causa del contagio mondiale.

Il racconto si sposta poi su Bill (Nick Offerman), sulla sua storia di sopravvissuto solitario e dopo anni l’incontro con Frank ( Murray Bartlett). L’episodio è incentrato proprio su di loro, con i quali Joel e Tess erano stati impegnati per anni con baratto di merce. Nella serie però la vicenda è raccontata con un discostamento importante. Nel videogioco quando Joel ed Ellie arrivano a Lincoln, Bill è vivo e ha trasformato la città in una fortezza, ossessionato dalla sicurezza. Ripaga un debito con Joel aiutandoli a trovare una batteria per un auto, e poi rimane dov’è.

Chi non vediamo mai direttamente, o meglio vivo, è Frank. Perchè quando finalmente compare è già morto: un cadavere impiccato. Da una lettera, insieme a Joel, Ellie e Bill scopriamo che, era scappato esasperato dalle ossessioni di quest’ultimo. Ma morso più volte da degli infetti, decise di battere sul tempo il parassita e suicidarsi.

Nella serie Mazin e Druckmann hanno deciso invece di dare più spazio a questa vicenda, dando una dimensione più umana. Manca un prologo, e la dimensione scientifica tecnica. La parte sentimentale è data innanzitutto da Joel e da, anche se non lo dice, la sua reazione nel trovare quei due “amici” morti in una casa che per lui era stata un pò un tornare alla sua di Austin. Ma soprattutto a quei sentimenti e quella dimensione di umanità creduta perduta, ci viene data dalla storia di Bill e Frank, l’episodio è incentrato su loro due con flashback della loro storia d’amore, fino al tragico epilogo.

Qui però, non c’è nessuna fuga. Rimane un suicidio e c’é anche una morte. Sono stata vaga perché è uno di quei casi in cui uno spoiler rovinerebbe davvero tutto. L’episodio va infatti visto sapendone il meno possibile, si tratta di un piccolo capolavoro che, strazia a tal punto che il New York Time ne ha parlato così:

 “è come se il montaggio iniziale di “UP” fosse stato esteso a 45 minuti e poi messo nel mezzo di “World War Z”.

Sì questa volta, a differenza di quanto mi è accaduto con il film tratto dal videogioco di cui parlavo all’inizio (non fatemi ripetere il titolo che, ogni volta mi ribolle il sangue a saperlo accostato a quell’orrore) ho pianto lacrime di commozione vera.
Insomma The last of us, pur con le sue dovute differenze (videogiochi e serie tv hanno esigenze narrative diverse), mantiene l’atmosfera del videogioco e riesce anche a regalarci momenti di commozione (e sarcasmo, il che non guasta). Non solo da molti spunti di riflessione.

Tutti motivi che, la rendono un’ottima serie e un valido motivo per fare una levataccia o rimanere alzati fino all’alba.

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