Games on Demand è una formula, ormai consolidata, che da anni ci garantisce l’accesso ad un vastissimo catalogo di titoli, spesso dal Day One, ad un prezzo molto contenuto.
Ma tutta questa libertà percepita è davvero reale?

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Grafico dei guadagni di Microsoft in seguito all’introduzione del Game Pass.
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Grafico relativo al numero di utenti di PS Plus.

La libertà di allora

Il sabato è sempre stato il mio giorno preferito ma, nonostante questo, scorreva via in modo piuttosto lento e zoppicante.
La prospettiva di quasi due interi giorni senza lezioni o compiti doveva essere un miraggio per ogni bambino, ma la mia impazienza era indirizzata verso qualcosa di completamente diverso.

D’altronde è come per tutti i momenti nei quali si percepisce una forte anticipazione: si è così proiettati verso l’aspettativa di ciò che potrebbe accadere che ogni secondo scorre pesante ed inesorabile, come se stessimo percorrendo nientemeno che il nostro personale, proverbiale e mistico cammino d’ascesa verso Hrothgar Alto.

E i sabati mattina scolastici di un bambino di 10 anni non potevano essere poi così differenti.

Certo, alla fine del calvario (l’ultima ora… generalmente, matematica) non avrei trovato ad attendermi i Venerabili Barbagrigia ma un altrettanto austero padre alla guida della sua Station Wagon, posteggiata giusto pochi passi oltre il cortile della scuola.

Ben al di là di quel girone dantesco che erano madri e padri accalcati sull’ingresso della scuola alla ricerca della propria prole, dispersa e confusa in mezzo al caos urlante e ragazzini impegnati in duelli all’arma bianca con le righe da 60cm utilizzate durante le ore di disegno tecnico.

A quell’epoca i miei genitori erano già separati, quindi l’intero sabato era dedicato al rapporto con mio padre e trascorreva tranquillo, secondo un rigido ma entusiasmante programma:

pranzo in pizzeria o dal Burghy (ahhh quanto manca…), giretto in piazza per un gelato e, a seguire, la tappa più attesa: visita alla Gerusalemme di ogni ragazzino degli anni ‘90. Il megastore di Grazzini.

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Gli scaffali del Megastore Grazzini nell’area dedicata ai videogiochi.

Ora sono disponibili innumerevoli alternative ma quello che, all’ingresso del grande magazzino, si parava davanti agli occhi di un bambino di quell’epoca era difficile da dimenticare.

Non che tutti i sabati mio padre mi portasse a fare compere ma quel giorno sapevo sarebbe accaduto poiché si avvicinava il mio compleanno.

Raggiunto il reparto di console e video-games a stento trattenevo l’euforia: il vasto catalogo di ultime novità era proprio lì, davanti a me. Mi diressi quasi di corsa verso lo scaffale della Nintendo e, vista la felice circostanza, mi era stato concesso di scegliere ben due cartucce.

La NES era uscita già da diverso tempo ma la varietà di titoli disponibili era ancora notevole.

Custodisco tuttora gelosamente (con scatola originale) le cartucce di Duck Tales e Super Mario Bros. 3 che scelsi quel giorno e, talvolta, mi capita ancora di trasalire quando leggo di sfuggita l’etichetta del prezzo che è rimasta sulla seconda: 140.000 Lire, prezzi folli per l’epoca ma, a pensarci bene, non sono molto diversi dagli odierni 69,90€ canonici per un tripla A appena uscito.

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Le copertine delle confezioni di Duck Tales e Super Mario Bros. 3 per NES.

La libertà oggi

Proprio due giorni fa, scorrendo la homepage dell’aggregatore di notizie che ho sul telefono (molto comodo, ve lo consiglio assolutamente) ho letto la notizia relativa a Bethesda e all’annuncio di Todd Howard che prometteva di mostrare un gameplay di Starfield fra non molto, nel corso del 2022.

Ripensando proprio a questo titolo mi è tornato in mente che sarà disponibile da subito al Day One l’11  Novembre 2022 tramite il servizio in abbonamento di Xbox Game Pass e non ho potuto fare a meno di percepire nuovamente quel piccolo brivido che provai non molto tempo fa quando altri due titoli di spessore come Forza Horizon 5 e Halo Infinite hanno seguito lo stesso iter di pubblicazione.

Due titoli tanto tanto attesi, resi disponibili il giorno del lancio senza acquisti aggiuntivi.

Recentemente, con l’introduzione di servizi come XCloud da parte di Microsoft, viene meno anche la necessità di un Hardware definito con l’esclusivo scopo del gaming, permettendoci di allontanarci dalla postazione canonicamente predefinita allo scopo e trovarci a giocare col nostro catalogo preferito, utilizzando ad esempio un telefono al parco, o durante un viaggio.

La libertà videoludica abbatte, quindi, prepotentemente una gigantesca barriera che è sempre stata definita dal Medium, andando a modificare anche la nostra vita al di fuori dello schermo stesso e interallacciandosi con le nostre abitudini:

La barriera spaziale.

Senza dubbio una comodità non da poco ma, diciamocelo chiaramente, ormai i servizi di questo tipo spopolano anche in altri ambiti al di fuori di quello videoludico e ci viene difficile ripensare alla nostra quotidianità e al modo di fruire di contenuti multimediali senza una certezza di questo tipo. Senza la tacita consapevolezza che sarà la carta di credito ad accollarsi l’onere di aprirci le porte a questo mondo virtualmente illimitato e che basterà sederci sul divano (sulla sedia da gaming, sulla panchina del parco…), aprire il nostro armadio virtuale e raccogliere il controller per avere immediato accesso a ciò che cerchiamo.

Ma, un momento.

COSA cerchiamo?

Dimentichiamo, se volete, per un momento tutto questo.

Fingiamo, sforzandoci, di aprire il nostro armadio (quello reale, stavolta) e di fuoriuscirne in un’epoca lontana nella quale questi servizi avevano dell’avveniristico.
Scorrere col nostro sguardo in rapida successione il catalogo di 10, 20 o più giochi (se siamo fortunati) accuratamente sistemati l’uno accanto all’altro, nella loro confezione originale per scegliere a cosa dedicheremo il pomeriggio e, magari, il primo dopo cena, giusto per colmare l’attesa dei nuovi due episodi di X-Files che attendiamo con trepidazione.

Indecisi per la molta scelta, prendiamo due o tre confezioni, magari tra i giochi che abbiamo trovato più ostici e che vorremmo completare, apriamo la scatola e ci dedichiamo ancora una volta alla lettura del ricco libretto di istruzioni e informazioni di cui ogni titolo viene fornito.

Storie dei personaggi, descrizione di livelli, e Power-Up, mappe e disegni.

E sia, abbiamo deciso!

Sarà, ancora una volta, Castlevania!

(L’ultimo Boss mi crea problemi ancora oggi…).

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Il Conte Dracula, l’ultimo famigerato Boss del primo Castlevania, pubblicato per NES.

Abbandonata la nostalgia, riapriamo gli occhi e ci ritroviamo di fronte al nostro sterminato catalogo di giochi, distanti solo un paio di click, ottimamente renderizzati sul nostro schermo Qled 4K.

Ed ecco che, più spesso di quando crediamo, più frequentemente, giorno dopo giorno mentre maciniamo ore ed ore di Gameplay, spaziando da un titolo all’altro veniamo colpiti da una sensazione del tutto nuova, che siamo certi non debba assolutamente trovare spazio in una situazione di totale libertà.

Incertezza.

In certe giornate nella quale non sappiano a cosa giocare, questa confusione, il senso generale di smarrimento possono diventare palpabili, reali. Riescono ad assumere dimensioni macroscopiche e trasformarsi quasi in un’entità

L’Effigie della nostra Epoca, figlia della libertà di scelta.

Sarebbe davvero interessante, ora che ci penso, creare una narrativa per un mondo distopico nel quale lo smarrimento derivante dall’assoluta libertà è tanto palpabile da trovare una sua autocoscienza all’interno della libreria di videogame di ogni utente e iniziare, giorno dopo giorno, ad autodefinirsi sino a risultare del tutto indipendente.

Il paradosso della libertà

È in questo angolo oscuro del nostro animo, un recesso raramente abitato della nostra coscienza, che si configura l’idea che tutta questa possibilità di scelta, in realtà, sia terribilmente opprimente.

Eh sì perché poter scegliere senza direzione alcuna, a volte, è tanto frustrante quanto non avere assolutamente capacità decisionale o averne davvero poche.

Allargando un po’ gli orizzonti di questo articolo e andando a pescare a piene mani dalla filosofia spicciola, si potrebbero trovare alcune analogie coi paradossi postulati da Karl Popper nei suoi famosi scritti a proposito di Libertà e Tolleranza.
Popper sosteneva che, in una società ipotetica nella quale vige una condizione di totale libertà (e cioè senza restrizione alcuna delle possibilità dell’individuo) si sarebbe comunque reso necessario imporre numerose restrizioni per impedire ai soggetti prepotenti di prevaricare e schiavizzare i mansueti e di lederne, quindi, la libertà personale.

Oppure ancora, nel paradosso della Tolleranza, in una società caratterizzata da una tolleranza indiscriminata sarebbe comunque necessario non permettere atteggiamenti di intolleranza, quindi non “tollerare” queste frange estremiste della popolazione.

Estendendo al limite questo concetto, si potrebbe quindi affermare che si renda necessario non garantire la completa libertà, fornendo alcune direzioni inequivocabili, per eliminare il senso di smarrimento dell’individuo e garantirgli comunque un’enorme libertà, ma in un insieme più ristretto, controllato.

È un po’ come dire al fantomatico astronauta in viaggio verso nuove galassie:

“Puoi visitare questo infinito universo in lungo e in largo come preferisci, ma non tutto! Le tue possibilità sono infinite, è vero, ma non tutte quante!”

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Il filosofo Karl Popper.

Tornando ai videogame, quindi, come si applica tutto questo?

Xbox Game Pass, PlayStation Now, EA Play, XCloud, ecc. ci garantiscono possibilità di gioco pressoché infinite e il loro costo contenuto ci permette di spaziare anche tra diversi servizi per provare le varie piattaforme disponibili, abbattendo l’ulteriore barriera della cosiddetta (e, permettetemi di dire, obsoleta) Console War.

È innegabile che la smodata mole di contenuti ci lasci, spesso, interdetti invogliandoci ad iniziare numerosi titoli senza portarli a termine ma forse la chiave per trovare una soluzione a tutto questo è proprio il capire che il modo stesso di fruire il gioco sia inevitabilmente cambiato.

Un po’ come i servizi di streaming video; ormai credo che non esista più un solo individuo che si butta a capofitto in una nuova serie TV solo dopo aver concluso la precedente.
E credo sia la medesima situazione nell’ambito del Gaming.

La risposta, quindi, è forse il capire che il Videogame odierno è affrontato più come un insieme collettivo di esperienze dalle quali l’utente sceglie di raccogliere elementi diversi, invece di un canonico (e, ahimè pare obsoleto) approccio singolo.

Non mi fraintendete, lo sviscerare un titolo nella sua completezza è ancora un’attività parecchio diffusa, ma forse il futuro in questo mondo videoludico ci spingerà verso altro, per avvicinarsi al modo in cui la società, ora, sta conformando le nostre vite.
Molto, di più cose possibili.

D’altronde, secondo Wilde, la vita imita l’arte più di quanto l’arte non imiti la vita.
O è in realtà l’opposto?

Games on Demand
Un incredibile dipinto del pittore Nathan Walsh, esponente dell’Iperrealismo, corrente artistica nella quale Arte e Realtà si fondono splendidamente.

La Risposta

Ci siamo spinti un po’ oltre i confini di questo articolo, ma spesso amo frantumare barriere e pareti che ci dividono in compartimenti stagni, per lasciare più spazio possibile al libero pensiero ed alla discussione.

Concludiamo quindi, rispondendo alla domanda che apre l’articolo:

La libertà che ci viene offerta da tutti questi servizi è solo illusoria?

Probabilmente lo avete sempre saputo, leggendo ogni parola che ho scritto in questo pezzo, ma questa libertà inizia e termina esclusivamente con Voi ed il vostro modo di giocare.

La libertà è, prima di tutto, uno stato mentale. È da lì che inizia ogni cosa.
Sentitevi liberi di affrontare il vostro tempo di gioco come preferite, sia che vogliate iniziare un titolo e spremerlo all’osso prima di passare al successivo o che decidiate di fare come il sottoscritto ed iniziare più avventure per sentirsi stimolati il più possibile e poi soffermarsi su quello che ci attira di più.
(Ed avere un Backlog allucinante che porterò a termine nel duemilaCredici).

Non è mai stata mia intenzione darvi una risposta in merito o fornirvi una ricetta da seguire per usufruire di questi servizi nel modo che noi riteniamo opportuno. La nostra redazione di 4GameHz non ha come scopo quello di mostrarvi la strada ma fornirvi punti di vista ed opinioni differenti, portare alla vostra attenzione diverse strade, magari non sempre visibili, per permettere a voi di scegliere e seguire la vostra in tutta autonomia ma avendo trovato magari nuove alternative.

Vedeteci come un amico con cui parlare dei vostri reciproci interessi e che vi aiuti grazie a quel dialogo, una volta terminato a sentirvi in qualche modo arricchiti.
Questa è la nostra missione.

Non voglio però lasciarvi completamente a bocca asciutta di risposte e desidero, quindi, essere sincero:

È palpabile in tutto l’articolo una grande sensazione di nostalgia verso epoche di questo mondo passate e che, forse, non torneranno più, lo ammetto.

Immagino abbiate quindi in testa questa domanda:

“Ma allora, caro Alessandro, secondo te si stava meglio quando si stava peggio?”

Direi proprio di no.

Si sta meglio quando, quello che facciamo, ci diverte.

In fondo, stiamo giocando.

E ora scusate ma vado ad occuparmi di quella distopia di cui parlavo prima.

Ne potrebbe uscire qualcosa di interessante.

 

Utilizzate diversi servizi di Games on Demand?

Prima di iniziare un nuovo titolo, completate il precedente?

Fateci sapere la vostra opinione, rispondendo qui sotto!

2 COMMENTI

  1. Ma che diamine c’entra Popper? Perché dovete decontestualizzare concetti, pensatori più grandi di noi, solo per tentare di migliorare la propria tesi?
    Il testo va a parare su retoriche prettamente da boomer. Ed anche qui, libertà di cosa? Libertà da cosa? Il concetto di libertà filosoficamente è vuoto, non significa nulla se non è in relazione a qualcosa. Ho capito quello che vuole intendere l’articolo, e mi permetto di dire che è scritto malissimo in tutta la sua forma, senza contare l’essere fin troppo prolisso.
    Quello che lasciavate intendere era il cosiddetto “acquisto ragionato”. La vera domanda sarebbe “Ma è meglio provare una serie di videogiochi ad occhi chiusi, oppure comprare dei videogiochi riflettendo se fa al caso nostro o meno?”
    No concetti banali e ridicoli come libertà e quant’altro
    Ma in relazione a quello, mica c’è stata una argomentazione. Dunque purtroppo è un articolo abbastanza fine a sé stesso.
    Per favore, fate scrivere questa tipologia di articoli a qualcuno di più giovane.

  2. Ciao,
    Prima di tutto, ti do il benvenuto sul nostro sito.
    Indipendentemente dalla reazione e dal registro scelto per esternarla, è un piacere vedere interazione sotto ai nostri articoli. D’altronde la comunicazione e il dibattito sono sempre il fine ultimo e direi che anche in questo caso sono obiettivi pienamente raggiunti.

    Hai ripetuto più volte il concetto di “vuoto” e “senza argomentazioni” e la tua valutazione sinceramente mi interessa parecchio, per cui ti inviterei io stesso ad argomentare le tue parole dato che, paradossalmente, sono esse stesse prive di argomentazioni che spieghino il motivo di questa conclusione.
    Scomodo ancora una volta Popper (non me ne volere, ma mi piace il suono onomatopeico di quel nome, mentre risuona nella mia testa), per applicarne il magnifico lavoro anche a questa situazione.
    La libertà di espressione dovrebbe essere concessa illimitatamente anche a coloro che, esprimendo la propria opinione in modo del tutto denigratorio, ledono la libertà stessa del primo interlocutore?
    Controproducente, forse, ma ti rispondo: Assolutamente ed inequivocabilmente Sì.
    Quindi ti prego ed invito a rispondere ancora a questo articolo ma, questa volta, per favore, spiegami il perché della tua opinione.
    Altrimenti la Discussione si trasforma in Manifesto. E parlare da soli e darsi ragione non è poi così bello come può sembrare.

    P.S.:
    Ti ringrazio per il “Boomer” ma per data di nascita rientro abbondantemente nella categoria Millennial 😀
    Il mio articolo era volutamente improntato su una prospettiva apparentemente “di parte” e “old school” per rendere più credibile la contrapposizione di Vecchio e Nuovo che fa da struttura a tutto il lavoro.
    Ma sono certo che tu lo abbia notato. 🙂

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