Salve GameHz,

I videogiochi sono arte a tutti gli effetti, in quanto risultato di una capacità espressiva. Queste parole basterebbero da sole a spiegare molto semplicemente che non è più tempo di considerare i videogiochi solo videogiochi. Queste parole rappresentano il fil rouge di questa, seppur breve, lettura. Ma andiamo con ordine.

Nel corso degli anni si è sempre associato al concetto di arte qualcosa di etereo, di elevato, troppo difficile da comprendere e da fare proprio, troppo veloce per essere veramente circoscritto in un insieme ben definito. Questo perchè tutti gli esponenti che si sono succeduti, più o meno noti, andavano sempre ad aggiungere quel tassello in più che riusciva ad espandere questo grande universo. 

Siamo sempre stati, e lo siamo tutt’ora, circondati da arte: pittura, scultura, architettura, letteratura, musica, danza, teatro, cinema, fotografia, videogiochi, fumetto. In ognuna di queste, almeno una volta, siamo riusciti ad individuare un protagonista, una nostra fonte di ispirazione a cui abbiamo affidato l’appellativo di artista. D’altronde l’arte è proprio questo: una qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva in grado di entrare in noi e suscitare emozioni, qualsiasi esse siano. 

LA CAPACITA’ ESPRESSIVA NEI VIDEOGIOCHI

Qui non si vuole tanto dare una risposta alla domanda contenuta nel titolo, che ovviamente è affermativa, ma si vuole invece, cercare di comprendere far comprendere un concetto molto semplice, ma allo stesso evidentemente poco chiaro non solo agli estranei del mondo videoludico ma anche a chi, professa di saperne tanto: i videogiochi sono arte a tutti gli effetti, in quanto risultato di una capacità espressiva. Una delle forme d’arte più proiettate verso il futuro, un futuro cosi lontano da affascinare anche noi videogiocatori. E aggiungo di più: essendo proprio una forma d’arte, non è necessario che venga compresa ma è fondamentale e prioritario che venga accettata.  

Dunque, poichè adesso è necessario approfondire il concetto, ho deciso di utilizzare alcuni giochi che per me e per la redazione, rappresentano al meglio questa espressione artistica. 

videogiochi sono arte

IL DOLORE E LA PSICOSI VISSUTE IN “ZERO PERSONA”

Per iniziare, ho voluto coniare il termine “zero persona” affiancandolo a due titoli molto conosciuti: The Last of Us Parte II e Hellblade: Senua’s Sacrifice. 

The Last of Us Parte II (qui la nostra recensione), titolo che non ha bisogno di presentazioni, narra il viaggio di Ellie attraverso Seattle e non solo, in cerca di vendetta. Ma non sarà da sola. Ad accompagnarla ci sarà il giocatore che, proprio grazie all’arte videoludica, non è più solo spettatore tenuto a premere pulsanti per avanzare, ma diventa compagno di viaggio attivo. Tutto quello che succede nel gioco impatta violentemente nell’animo del giocatore che si ritrova a provare emozioni e sensazioni cosi forti da arrivare alla fine stremato e provato da tanto dolore, rabbia e risentimento. Solo dopo, ha il tempo di razionalizzare e capire di aver vissuto tutto questo più che in prima persona, in zero persona appunto. 

Non è solo il dolore ad attirare il corpo e la mente del videogiocatore. C’è anche la psicosi, condizione anormale della mente che comporta una “perdita di contatto con la realtà. Le persone che soffrono di psicosi possono mostrare cambiamenti di personalità e disturbi del pensiero. A seconda della sua gravità, questo può essere accompagnato da comportamenti insoliti o bizzarri, nonché difficoltà nell’interazione sociale e compromissione nello svolgimento delle attività della vita quotidiana.

In Hellblade: Senua’s Sacrifice, la protagonista Senua soffre di una forma di psicosi che le fa percepire voci che le sussurrano e soffre di vivide allucinazioni. È stata affetta da questa condizione sin da quando era bambina, un tratto che condivideva con sua madre, Galena.

Al fine di assicurarsi che la psicosi di Senua si basasse su prove effettive della condizione, gli sviluppatori di Ninja Theory si sono consultati con neuroscienziati e confrontati con coloro che ne soffrono nella vita reale. Hanno utilizzato sia informazioni scientifiche che dichiarazioni di esperienza personale per mantenere un livello di accuratezza. La maggior parte degli episodi psicotici in Hellblade derivano da ciò che queste persone hanno vissuto quotidianamente.

Le voci sono state registrate utilizzando una tecnica di registrazione nota come audio bineurale: utilizzando un microfono a forma di testa umana con orecchie, le voci suonano come se sussurrassero spazialmente e parlassero direttamente alle orecchie, a volte correndo o muovendosi mentre lo fanno.

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NON VERGOGNARSI DI AVERE PAURA

I videogiochi sono arte perché l’arte nei videogiochi (voluto gioco di parole) affronta in modo esemplare anche il tema della paura umana, massima espressione di fragilità infantile ma non solo. In Little Nightmares e in Little Nightmares II, ciò che spaventa davvero il giocatore è il senso dell’ignoto e la sensazione di essere completamente perso senza alcun indizio. Sono incoraggiati a esplorare, a prendersi il loro tempo e guardare davvero tutto.

La bassa statura del protagonista nel mondo cavernoso di Little Nightmares è cruciale per la qualità snervante del gioco, mentre la prospettiva in terza persona innesca un atteggiamento più genitoriale.

Inoltre, da un lato la risoluzione degli enigmi in gioco rafforza il senso di realizzazione dei giocatori, mentre dall’altro l’essere bambino, fa si che i giocatori si prendano cura di lui. Attinge alle nostre naturali qualità di assistenza: siamo fondamentalmente pro-sociali, ci prendiamo cura e ci proteggiamo a vicenda.

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IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

Ancora vi state chiedendo se i videogiochi sono arte? Bene, continuiamo. L’impatto emotivo però, può anche essere positivo, ammaliante o la fine di un percorso caratterizzato da una mescolanza di sentimenti esternati attraverso una moltitudine di colori. E’ il caso di Ori and the Blind Forest, nel suo seguito Ori and Will of the Wisps  e soprattutto di Gris. In questi platform emozionali il gameplay cede completamente e lascia il posto ad un art design espressivo e potente.

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Gris è un gioco che vuole insegnarci qualcosa sulle nostre paure, anche quelle più profonde. Lo fa con un bellissimo stile artistico e un paesaggio sonoro in movimento. Noi siamo Gris, una donna che ha perso la sua voce e, con essa, le sue certezze. Le sue paure e il suo dolore prendono inizialmente la forma di uno stormo di uccelli intenti a punirla continuamente. All’inizio siamo terribilmente deboli, incapace di mettere un piede davanti all’altro. Alla fine, però, diventiamo incredibilmente mobili e abili. Questo è un viaggio per rivendicare un potere intangibile e interiore. È un viaggio verso la riscoperta di sé e verso la pace.
Lo stile artistico è reso come acquerelli lisci, apparentemente dipinti a mano, leggeri e ariosi sullo schermo. Alla fine però, Gris è inondata di colori vivaci. L’arte dunque, non è statica ma si evolve in strati di pattern e forme che diventano più complessi nel tempo. L’arte espande anche la sua profondità, giocando con elementi di parallasse che sorprendono e deliziano.

Nella saga di Ori invece, non ci troviamo di fronte a un vero e proprio avatar dell’utente, come nel maggior parte dei giochi di ruolo, ma più semplicemente a un personaggio lasciato alla libera interpretazione. Anche il sesso della creaturina non è mai stato precisato dagli sviluppatori, in modo che noi possiamo immedesimarsi nel protagonista. 
Il gioco di luci e ambienti che è stato realizzato, non viene già visto come un semplice sfondo ma si ripropone continuamente e ostinatamente nella mente e negli occhi di chi guarda. In questo caso, più di tutti gli altri, il senso di pace e di serenità viene portato all’estremo. 

Vi state ancora chiedendo se i videogiochi sono arte?

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I VIDEOGIOCHI SONO ARTE – COSA SI CELA DIETRO

Questi sono solo alcuni esempi tra i tanti titoli dotati di una carica emotiva molto elevata. Non dimentichiamo l’ultimo capitolo di Animal Crossing, intitolato New Horizons, che è stato d’aiuto a tantissime persone affette da gravi crisi depressive. 

Proprio in questi casi possiamo utilizzare il termine medium videoludico, dato che il videogioco si pone che “intermediario” tra quello che appare sullo schermo e quello che arriva al giocatore e proprio perché si tratta di arte, ognuno di noi percepisce un messaggio diverso o in alcuni casi, può anche non esserne colpito. D’altronde, questa è arte. 

Rifacendoci a quanto detto nell’introduzione, non possiamo non soffermarci su tutti coloro che sono stati in grado di dar vita a queste opere, massima espressione del loro genio creativo. Con tutti loro, il nostro debito continuerà sempre ad esistere, saldato, seppur in parte, dalla nostra gratitudine. 

I videogiochi sono arte a tutti gli effetti, in quanto risultato di una capacità espressiva.




 

 

 

 

 

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