Salve a tutt*, Followhz!
Eccoci qui, al primo di una serie di incontri in cui proveremo un po’ a parlare di psicologia e videogiochi.

Ad essere onesta, quest’idea mi affascina moltissimo perché spero davvero possa esserci uno scambio continuo fra di noi: videogiocator* non psicolog* e una psicologa che non videogioca se non con il suo smartphone.

La mia speranza, e lo dico a cuore aperto, è riuscire a rendere le mie conoscenze – del tutto accademiche – a quella che è l’esperienza di chi gioca abitualmente.

Perché da aspirante ricercatrice sono assolutamente convinta che studiare e conoscere dei meccanismi non serve a nulla se poi non possono essere “calati sul campo”. Dall’altra parte, spero sempre che conoscere alcune teorie possa far sì che chi legge gli articoli possa dire “ah, ecco perché mi è successa questa cosa” o anche “non sono l’unic* a cui succede”.

Forse un po’ utopico, ma la speranza è l’ultima a morire, no?

E quindi, dopo questo lunghissimo preambolo, entriamo proprio nel vivo della psicologia dei videogiochi.

I benefici che si possono avere nel giocare ai videogiochi

Chiamiamola captatio benevolentiae (o paraculaggine (si può?)) ma per presentarmi in una community di videogiochi, parlare dei benefici delle attività videoludiche mi sembra il minimo indispensabile.

Nel 2014, che come sappiamo, per il mondo dei videogiochi è un’eternità di tempo (ma anche nella ricerca in psicologia, già abbiamo i primi punti di contatto!), il 97% di bambin* e di adolescenti negli Stati Uniti giocava ai videogiochi per almeno un’ora al giorno. Immaginate ora il terrore che può essersi creato nei genitori di que* bambin* e di quegli/lle adolescenti: fino a pochi anni fa i videogiochi erano visti come una cosa da prendere “con le pinze”.

Ricordo ancora quando giocavo a Puzzle Bobble (sono del ’93, il computer che usavo era uno di quei Windows che ormai si vedono solo nei film ambientati venticinque anni fa), mio padre che mi metteva l’orologio davanti “ecco, quando cambia l’ora basta giocare, se vuoi giocarci anche più tardi basta che spegni prima” (e in questo modo giocavo più di un’ora al giorno).

Un’ora.

Oppure diventi pazzo. Aggressivo. Depresso. Asociale.

Questa convinzione, che era già presente alla fine degli anni ’90 ma che anche nella prima metà di questo decennio appena concluso è rimasta ben radicata, non si basa sul nulla. Per anni la ricerca (in psicologia, ma non solo) si è concentrata sui possibili effetti negativi dei videogiochi.

Parliamo chiaramente: effetti negativi ci sono, sono moltissimi e spesso sono estremamente pervasivi, su questo la psicologia è concorde. Ma vedere tutto bianco o nero è limitante, nei videogiochi come in ogni aspetto della nostra vita.

psicologia e videogiochi, l'immagine rappresenta un cervello formato da circuiti elettrici, verdi e dorati

La funzione del gioco secondo la psicologia 

Sebbene non siano specifiche per i videogiochi, il gioco in generale ha una serie di funzioni adattive e sociali, come dimostrato da diverse ricerche in psicologia.

I bambini e le bambine imparano, attraverso il gioco, a conoscere ed esternare le proprie emozioni. In alcuni casi imparano a mettersi nei panni degli altri. Basti pensare a quelli che crescendo chiamiamo giochi di ruolo e che da piccoli erano mamma e figlia oppure giochiamo al supermercato ma anche, più semplicemente, l’utilizzo delle bambole per la costruzione di storie (e l’elenco è infinito).

Con il gioco si imparano a simulare e sperimentare realtà alternative a quella “reale” e, spesso, è attraverso il gioco che si affrontano i primi conflitti, talvolta causati dal gioco, talvolta simulati nel gioco. Attraverso il gioco i bambini e le bambine iniziano a scoprire piacere che si può ricavare dall’ottenere un risultato positivo e a conoscere il dispiacere dovuto ad emozioni negative.

Gli studi di psicologia sull’argomento risalgono ai primi anni ’60 e tutt’ora si continuano a sviluppare nuove osservazioni, dovute anche e soprattutto al modo diverso di giocare.

Aggressività e gioco, cosa dice la psicologia

video game 2154473 1280Dato che la paura che i propri figli diventino aggressivi perché giocano “ai giochi violenti” (cit. qualunquista) è fra le più diffuse, la psicologia spezza una lancia in favore dell’aggressività e del mondo dei giochi.

Anzitutto, dobbiamo tenere sempre presente che l’aggressività ha una funzione adattiva. Se, nella vita, della “sana aggressività” non servisse a sopravvivere, stiamo ben tranquilli che l’evoluzione avrebbe già trovato il modo di farla sparire.

Quindi, posto che andare in giro a picchiare persone non rientra nel concetto di adattivo e che, in psicologia ma anche in altre scienze quali la biologia, adattivo significa che favorisce il processo di adattamento, non è difficile immaginare situazioni in cui esiste effettivamente della sana aggressività.

Semmai, la vera problematica legata ai videogiochi riguarda l’esposizione a sovrastimoli in età precoce che si ipotizza(ma dati concordanti al 100% non sono ancora stati individuati) possa favorire lo sviluppo di Disturbi quali Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD).

Quando dico che in questo caso la letteratura non è ancora perfettamente concorde non significa che non si possa sviluppare un Disturbo d’attenzione videogiocando.

Significa che potrebbero esserci altre cause concomitanti. Il disturbo (qualsiasi disturbo) è il risultato di una somma di variabili che hanno più o meno peso e che a seconda di come interagiscono fra loro si presenta in modi diversi (o non si presenta affatto).

Ma torniamo a quello che dice la psicologia sugli aspetti positivi dei videogiochi

I videogiochi, secondo numerosi studi, hanno effetti benefici sulle abilità cognitive. Ad esempio, in un esperimento hanno preso una serie di persone che non avevano mai (o quasi mai) videogiocato a shooting games e le hanno divise in due gruppi. Per lo stesso periodo di tempo, il primo gruppo (sperimentale) ha giocato a giochi come ad esempio GTA, il secondo gruppo (di controllo) a giochi neutri.

E al termine dell’esperimento, il gruppo sperimentale riusciva a spostare l’attenzione su alcuni stimoli più velocemente e in modo più accurato, oltre ad avere una maggiore capacità di visualizzazione spaziale, rispetto al gruppo di controllo. Ma risultati simili si trovano anche su altre abilità cognitive, come la creatività, le capacità visuo-spaziali, le capacità di mentalizzazione degli spazi.

videogiochi e psicologia, l'immagine rappresenta un'auto in corsa

Un altro aspetto positivo dei videogiochi riguarda i benefici motivazionali: riuscire a completare dei task fa sì che si sviluppino convinzioni sulla propria intelligenza e sulle proprie abilità, soprattutto quando questi obiettivi vengono accompagnati da complimenti che si associano allo sforzo effettuato per completare un gioco.

Ad esempio, è ben diverso dire a un* bambin* che completa un puzzle “bravissim*, sei così intelligente” piuttosto che dire “bravissim*, ti sei impegnat* tant*”. La seconda frase centra l’attenzione sul cosa posso fare per riuscire e non dà la riuscita di un compito come capacità innata.

Nei videogiochi in particolare, il feedback è generalmente immediato e concreto (punti, monete, vite extra,…) e non si basa sull’intelligenza di chi ha giocato. Non appare quasi mai “sei così intelligente” (in alcuni vecchi videogiochi in realtà il “You’re so clever” ancora resiste) ma sono preferite frasi più generiche come ad esempio “congratulazioni!”.

Sempre partendo da queste gratificazioni, un altro beneficio che la ricerca in psicologia ha trovato riguarda la capacità di gestione delle emozioni. Sapersi adattare, vivere le emozioni di un altro personaggio, saper gestire la sconfitta,… aiutano ad imparare a riconoscere le proprie emozioni, oltre ovviamente a tutti gli aspetti di sperimentazione delle emozioni positive dovuti allo svolgimento di un’attività che è per noi piacevole.

Gli ultimi due punti, promesso, riguardano i benefici sociali dei videogiochi. Sia da un punto di vista di socializzazione, organizzazione, capacità di lavorare in gruppo; sia da un punto di vista educativo, come ad esempio la sperimentazione di videogiochi nel trattamento di disturbi o la rappresentazione di disturbi e minoranze all’interno dei videogiochi.

Fatemi sapere che ne pensate, se c’è qualche altro beneficio che vi viene in mente o se c’è qualcosa che invece vorreste conoscere in modo più approfondito!

A presto

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giulia.lausi
Ciao a tutt*, Sono Giulia, dottoranda, psicologa ed interessata al femminismo e alla parità di genere. Ho scoperto 4GameHZ da uno schiavista di nome Massimiliano. Scrivevo senza videogiocare e con il tempo ho scoperto che videogioco pure, spesso senza saperlo. Sono capo scout ormai da qualche anno, scrivo per diletto, provo a fare mille cose ma senza un Giratempo spesso è più difficile del previsto. Adoro le serie tv, potrei fare il rewatch di Friends ogni mese (e non è nemmeno la mia serie preferita), ho dovuto comprare un Kindle perché nella mia camera non c’era più spazio per me a causa del gran numero di libri. Credo fermamente che facendo cultura si possa cambiare il mondo, quindi provo a cambiare il mondo uno spiegone alla volta (e anche con gli shampoo solidi ma non credo sia questo il posto per metterci anche a parlare di questo).

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