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Avrete sicuramente sentito parlare della notizia riguardante la firma da parte del ministro della cultura, l’onorevole Franceschini, assieme al ministro dell’economia, l’onorevole Franco riguardante il soprannominato “Decreto Videogiochi”. Tramite quest’ultimo i videogiochi in Italia verranno considerati come ogni altro prodotto artistico e quindi le aziende potranno ricevere sovvenzioni nel medesimo modo dallo Stato, ma non è così semplice, vediamo perché.

Decreto Videogiochi: La Ragione dell’Onorevole che ha Firmato

Innanzitutto, il ministro Franceschini ha motivato la ragione che l’ha portato alla firma di tale decreto con le seguenti parole:

I videogiochi sono frutto dell’ingegno creativo ed è giusto che, analogamente a quanto avviene per il cinema e l’audiovisivo, possano ricevere un sostegno, se riconosciuti come opere di particolare valore culturale. In Italia il settore è in crescita esponenziale, con numerose start up di under 30 in grado di sviluppare prodotti di elevata qualità, attrarre le grandi produzioni internazionali e far crescere i giovani talenti. Si tratta di vere e proprie officine creative, che meritano ogni sostegno e possono contribuire a nuovi modi di conoscere e di apprendere.

Una dichiarazione che, a primo impatto, sembra essere una buona notizia nel complesso, ma se analizzata nel dettaglio, notiamo un passaggio che mi lascia personalmente perplesso “…se riconosciuti come opere di particolare valore culturale.”: per il lettore disattento potrebbe sembrare normale se non giusto, addirittura, poiché in effetti ci sono certi giochi che sono stati censurati anche a livello internazionale. Il problema è che questa frase, forse per questo giovane Paese nei confronti dei videogiochi, suona molto restrittiva e forse, addirittura meritocratica. Molto probabilmente qualora dovesse passare questo decreto, ci saranno comunque diversi criteri di selezione per differenziare tra videogiochi “degni” di ricevere agevolazioni e non, o addirittura potrebbero essere presi in considerazione non i normali videogiochi a cui siamo abituati, ma le tipologie più culturali usate all’interno di musei, scuole o altri edifici di cultura.

Decreto Videogiochi: cosa sappiamo fino ad ora

decreto videogiochi

Ma passiamo ora alla fonte vera e propria, cioè il comunicato che trovate anche qui:

La disposizione riconosce un’aliquota del 25% del costo di produzione a favore delle imprese produttrici di videogiochi di nazionalità italiana, riconosciuti di valore culturale da un’apposita commissione esaminatrice, fino all’ammontare annuo massimo di 1.000.000 di euro.

I soggetti beneficiari dovranno avere sede legale nello spazio economico europeo, essere soggetti a tassazione in Italia per effetto della residenza fiscale o in presenza di una stabile organizzazione in Italia e possedere un capitale sociale minimo e patrimonio netto non inferiori a 10.000 ciascuno. Il beneficio, inoltre, spetta a condizione che un importo non inferiore al credito d’imposta riconosciuto sia speso nello spazio economico europeo. Il credito d’imposta e le altre misure di sostegno pubblico non possono superare, complessivamente, la misura del 50% del costo eleggibile del videogioco.

Spiegato in modo semplice, il decreto riconoscerà una sovvenzione favorevole per quelli che sono i costi di produzione alle imprese che producono videogiochi di nazionalità italiana e solo se vengono riconosciuti di valore culturale da un’apposita commissione esaminatrice. Perciò, possono richiedere all’anno un supporto massimo di un milione di euro, a patto che le aziende abbiano la sede legale in un qualsiasi paese della UE e che siano tassati dall’Italia per la residenza fiscale o presenti stabilmente in Italia con un capitale sociale minimo e patrimonio non inferiori di 10 mila ciascuno. Ma non solo, il decreto pretende anche che l’importo non inferiore al credito di imposta riconosciuto sia speso solo nello spazio economico europeo.

Decreto Videogiochi: Un’Evoluzione (forse troppo) Lenta

decreto videogiochi

Da una parte, me l’aspettavo: come ogni evoluzione, il cambiamento deve essere graduale, il problema è che siamo nel 2021 e non abbiamo più il tempo per un normale tempo evolutivo, non solo per quanto riguarda tutti i “se” che ha messo il decreto, ma anche perché questo decreto NON E’ ancora in vigore. Infatti, come capita per ogni decreto di questo tipo e com’è specificato sul sito dei beni culturali, “il provvedimento verrà ora trasmesso agli organi di controllo e successivamente notificato alla Commissione europea, alla cui approvazione è subordinata l’applicazione dell’aiuto fiscale”.

Quindi, è chiaro che prima di un possibile supporto, passerà molto tempo, perciò, non è ancora tempo di festeggiare, purtroppo, dato che i videogiochi non sono ancora sostenuti in alcun modo dallo Stato e che questo decreto non prevede lo stesso sostegno che i videogiochi hanno nel resto del mondo. Una cosa allucinante e demoralizzante per chi come me vuole puntare a lavorare nell’industria del videogioco in Italia, stiamo facendo dei piccoli passi in avanti ma siamo estremamente indietro rispetto ad altri paesi, dove anche l’istruzione per entrare in questo mondo del lavoro è molto più mirata e non dispersa come da noi.

Ma ora, tocca a voi! Diteci la vostra in maniera civile su questo argomento!

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